ORAZIONE UFFICIALE a PERTUSO DEL PRESIDENTE ANPI Sez. ALESSANDRIA Dario Gemma

Buongiorno a tutti.

Rivolgo un saluto a Lei signor Sindaco, alle partigiane e ai partigiani, a tutte le Autorità civili, militari e religiose qui presenti. Oggi, nella mia duplice veste, come presidente dell’ANPI di Alessandria (porto i saluti del Presidente Pasquale Cinefra, insieme a quelli del Vicepresidente dell’Associazione Roberto Rossi qui presente alla cerimonia), ed inoltre nella veste di Assessore provinciale, rivolgo a tutti voi il doveroso e partecipe saluto del Presidente della Provincia Paolo Filippi.

Questa di oggi molto probabilmente sarà una delle ultime manifestazioni pubbliche alle quali la Provincia di Alessandria, Medaglia D’Oro alla Resistenza, e che mi onoro di rappresentare, presenzia.

Infatti il prossimo 12 ottobre saranno chiamati alle urne i sindaci e i consiglieri comunali dei Comuni compresi nel territorio della provincia che avranno il compito di eleggere i nuovi assetti istituzionali.

La nuova Provincia sarà un ente di area vasta di secondo livello e la modalità di elezione degli organi non sarà più diretta, ma di secondo grado.

Alle urne, infatti, andranno solo i Sindaci e i Consiglieri dei 190 Comuni del territorio alessandrino, perché con la riforma del Governo varato nell’aprile scorso, è stata abolita la sovranità popolare e i consigli provinciali.

In questa fase storica, ahimè, siamo innanzi a una deriva pericolosa che vede la riduzione della democrazia nelle istituzioni, nella società e nei luoghi di lavoro.

In questo contesto temo che si creeranno problemi molto rilevanti per i servizi pubblici gestiti dalle Amministrazioni provinciali e per i sessantamila dipendenti in tutta Italia, di cui oltre 600 in Provincia di Alessandria.

Anche quest’anno siamo qui nel celebrare il passato, per rammentare agli smemorati e a chi vuole dimenticare, che il tempo non ha cancellato né le barbarie degli uomini del disonore, né l’apporto che la Resistenza ha dato per la dignità nazionale.

E’ vero, dopo 70 anni le file dei vecchi partigiani si sono assottigliate sempre più, ma alcuni di loro ci sono ancora: ci sono e insieme a loro ci sono quei figli che hanno deciso di continuare ad operare al servizio della comunità, con lo stesso impegno con il quale loro hanno servito la Patria in guerra, per la difesa dell’Unità d’Italia.

Così, siamo qui per rammentare, che la memoria collettiva è uno dei beni più preziosi di un popolo, un vero e proprio tesoro cui attingere continuamente per arricchire la democrazia e la civiltà.

E tanti si domanderanno perché dopo 70 anni ci ricordiamo ancora di luoghi come Pertuso? O di date come il 25 aprile, la giornata della Liberazione? Perché le commemoriamo? Questo monumento, posto a ricordo qui, come in tantissime altre parti d’Italia, alla memoria di migliaia di caduti, ci rammenta il sacrificio della loro giovane vita e ci dà la forza di guardare al futuro con il rispetto per il nostro passato.

E’ giusto ricordare che la battaglia di Pertuso nell’agosto del 1944, fu l’atto che rese l’intera area, protagonista di una storia che fu non solo militare – ma probabilmente caso pressoché unico in Italia – di una zona libera durata alcuni mesi.

La vittoria di Pertuso segnò la riscossa del movimento di Liberazione, dopo l’eccidio della Benedicta, e diede slancio alla storica esperienza della “Zona libera del Tortonese”. Di lì a poche settimane, infatti, i partigiani poterono scendere dai monti verso i paesi, riprendendo il controllo delle zone precedentemente occupate dal nemico. Un’ “isola” libera, dove, in molti comuni, si elessero giunte popolari, si riaprirono le scuole, si tentò di gestire un’economia locale in grave sofferenza.

Furono le prime esperienze di democrazia che nei nostri territori si consumarono e crearono i presupposti di quella che poi risultò essere il capolavoro nato dalla Resistenza: la creazione della Carta Costituzionale.

Costituzione che diede la forza di guardare al futuro con il rispetto per il nostro passato, e nel rispetto di quei valori, di libertà, di pace, di giustizia, che donne e uomini, qui come altrove, diedero la loro giovane vita con dignità e coraggio: ed è su questi valori che furono gettate le fondamenta della nuova Italia.

Noi non dimentichiamo e non dimenticheremo mai che la causa della libertà trionfò grazie a quanti combatterono per essa e non a coloro che si schierarono contro di essa. Non dimentichiamo che la Resistenza fu in primo luogo frutto di una fondamentale scelta morale: il ripudio alla tirannia.

Non è un caso che noi celebriamo il 25 aprile come festa della libertà!

Noi rivendichiamo l’antifascismo come tessuto di fondo del sistema politico, anche se ci rendiamo conto che, alle volte, l’antifascismo è stato celebrato in modo retorico, anziché fare assumere a tutti un impegno politico e culturale per analizzare le cause che hanno imposto la dittatura fascista, ma che possono ritornare con forme di autoritarismo moderno, di razzismo o con forme ed orientamenti diversi.

Noi alla cultura antifascista ci crediamo fermamente, perché rappresenta la conquista dello stato di diritto, della solidarietà contro la xenofobia e l’antisemitismo, sollecitando e promuovendo la partecipazione ed il consenso popolare.

Nel credere in questo non abbiamo mai dimenticato il monito di Antonio Gramsci: “non si mettono le braghe alla storia!”.

E a tutti voi che siete venuti ad onorare la battaglia di Pertuso, a ricordare la memoria dei nostri caduti per la libertà, vorrei ricordare che coloro che intendono oggi “mettere le braghe alla storia”, continuano a parlare di riforme istituzionali, di ritocchi, di modifiche e pensano di affossare quel prezioso documento, quel che prima definivo capolavoro, che è la Costituzione, frutto della lotta di Liberazione e che a quasi 70 anni di distanza mantiene intatto il suo valore.

A costoro vorremmo dire che non è cambiando la Costituzione che la società italiana cambierà. Siamo noi che dobbiamo cambiare e vivere lo spirito di quei fondamentali articoli, frutto della sintesi del meglio espresso dalle grandi correnti di pensiero politico italiano ed europeo, di questi due secoli.

A tutti coloro che sono intimamente convinti della piena validità della nostra Costituzione, ai giovani soprattutto, non ci stancheremo mai di ricordare le parole scritte da Piero Calamandrei, grande statista e co-ideatore della Carta costituzionale: “…se voi volete andare in pellegrinaggio nel luogo dove è nata la Costituzione, andate nelle montagne dove caddero i partigiani, nelle carceri dove furono imprigionati, nei campi dove furono impiccati. Dovunque è morto un italiano per riscattare la libertà e la dignità, andate o giovani, col pensiero, perché lì è nata la nostra Costituzione.”

La drammatica crisi economico-sociale che investe il nostro Paese, oltre ad aggravare le condizioni di vita di milioni di cittadini e ad acuire la piaga della disoccupazione soprattutto giovanile, rischia di provocare ripercussioni pericolose sotto lo stesso profilo democratico, mettendo a repentaglio fondamentali diritti e importanti conquiste realizzate nel corso del Novecento.

Sempre più preoccupante in Italia è la caduta dei valori che sono alla base dello Stato di diritto, dal rispetto delle regole e delle istituzioni a quello della stessa persona umana, mentre viene periodicamente messo in discussione il principio della divisione dei poteri su cui si fonda la nostra democrazia repubblicana.

E’ al lavoro, valore fondante della Repubblica, che deve essere restituito il suo ruolo e la sua dignità, eliminando il contrasto stridente tra i principi costituzionali e la durissima realtà del nostro Paese.

Occorre anche contrapporre una rigorosa concezione antifascista del nostro sistema normativo, delle Istituzioni, dei cittadini, ai sempre più frequenti tentativi di riportarci ad un passato che non può e non deve tornare, in qualsiasi forma.

Inoltre vorrei ricordare, in un contesto internazionale fortemente preoccupante (basti pensare a quanto avviene in Medioriente, dall’Afganistan all’Iraq) ai continui bombardamenti criminali a cui è sottoposta Gaza, ricordare che è doveroso lanciare un forte appello per la salvaguardia e il rafforzamento della democrazia, per il rispetto e la garanzia dei diritti umani, nella profonda convinzione che – come ha insegnato la Resistenza – ciò costituisce il fondamento della libertà e della pace.

In questi giorni leggevo una vecchia intervista al grande regista del nostro dopoguerra Gillo Pontecorvo, anche lui artefice della lotta partigiana, autore del film “La battaglia di Algeri”, capolavoro della cinematografia in ricordo della lotta di liberazione del popolo algerino dal colonialismo francese, e tra le tante ragioni che lo avevano spinto a raccontare la resistenza del popolo algerino, dichiarava di aver il fondato timore che, prima o poi, tutte le guerre di liberazione, inclusa quella combattuta in Italia, sarebbero state catalogate come terrorismo, criminalizzate e poi dimenticate. Furono parole profetiche?

Un’ultima riflessione.

Sono decenni che la cosiddetta cultura europeista ci presenta il vecchio continente come una grande casa comune, un giardino fiorito di nazioni democratiche e pacifiche, rispettose le une delle altre, dalle cui culture sarebbero stati sradicati una volta per tutte i fantasmi dei 4 cavalieri dell’Apocalisse che hanno funestato il XX secolo: il nazifascismo, l’antisemitismo, la fame, la guerra.

Il guaio è che ciò che rimane dell’illusorio progetto di Unione Europea, è l’immane disastro che stiamo vivendo e pagando.

Stiamo subendo, senza via di scampo (come tutti i paesi dell’Unione Europea) il potere delle banche, centrali e non. I partiti che rappresentano il braccio secolare del capitale finanziario è al potere praticamente in tutta Europa. In Ungheria, nei paesi baltici, ammessi a pieno titolo nell’Unione europea, riappaiono i monumenti alle SS, si celebra l’invasione hitleriana e si occulta persino il massacro di decine di migliaia di ebrei. Addirittura nell’anniversario della loro liberazione dal nazismo a Riga, capitale della Lettonia, le manifestazioni sono state abolite ed i reduci combattenti e i partigiani, riunitosi lo stesso, sono stati caricati e picchiati dalla polizia.

E come non parlare di quanto avviene in Ucraina! La situazione in questo Paese, che è giusto ricordare ha al suo governo cinque ministri dichiaratamente nazisti, si inasprisce e assume una dimensione catastrofica. Notizia di questi giorni è che continua una guerra terribile, che provoca un massiccio spargimento di sangue, distrugge villaggi e città, annienta le imprese industriali. Già oggi registriamo più di 2000 morti, più di 200.000 rifugiati.

Cinque ministri nazisti… e nella nostra Europa tutti tacciono ed individuano nella Russia di Putin l’unico pericolo per la pace.

A passi accelerati l’Ucraina si sta avviando verso la dittatura.

I 4 cavalieri dell’Apocalisse rispuntano e dilagano. Ci ritroviamo a fare i conti con il nazifascismo, l’antisemitismo e la povertà, ma anche con la guerra.

Dunque, attenzione! Le ambizioni di dominio planetario da parte di alcuni poteri forti sono ancora ben presenti. I bilanci militari sono in crescita e prima o poi un nemico contro cui usare queste armi lo troveranno ed il rischio è che ci offriranno un’occupazione mettendoci in mano un fucile.

Sta a noi rifiutare questa prospettiva.

Quindi in conclusione, il ricordo della Resistenza per essere autentico non può essere solo celebrativo, ma deve diventare impegno sociale e politico nel presente. Noi dell’Associazione Nazionale dei Partigiani d’Italia vi chiediamo di non abbassare la guardia e di difendere il diritto a un futuro di lavoro sicuro e pacifico.

La nostra trincea democratica deve diventare la Costituzione della Repubblica così come è stata scritta col sangue di 48.000 partigiani caduti perché l’Italia garantisse il futuro delle giovani generazioni.

Ancora un grazie a tutti voi, ora e sempre Resistenza!



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