GIUSEPPE VIRGINIO ARZANI “Chicchirichì”

GIUSEPPE VIRGINIO ARZANI “Chicchirichì”

Nato a Genova nel 1922, trucidato a Cerreto di Zerba (Piacenza) il 29 agosto 1944, sottotenente di Fanteria, Medaglia d’oro al valor militare alla memoria.

Uscito dall’Accademia militare di Modena, subito dopo l’armistizio si mise alla testa di formazioni partigiane che, dopo la sua uccisione, si sarebbero costituite in una Brigata che avrebbe portato il suo nome. “Chicchirichì”, questo il nome di battaglia di Arzani, si distinse nell’attacco (durante il quale fu ferito), di una caserma dei tedeschi a Sarezzano (Alessandria), nei combattimenti sostenuti presso Tortona per liberare alcuni partigiani fatti prigionieri (e anche in questa occasione “Chicchirichì” fu ferito) e soprattutto quando, alla fine di agosto del 1944, si battè con i suoi uomini strenuamente per difendere la Val Borbera, obiettivo di soverchianti forze nemiche. La Medaglia d’oro e il dispositivo di assegnazione della ricompensa al valore di G. V. Arzani, firmati nel 1954 dal Presidente della Repubblica Luigi Einaudi, sono esposti nell’ufficio del sindaco di Viguzzolo (Alessandria), comune di origine della famiglia Arzani.
La motivazione dice: ” Subito dopo l’armistizio, con fedeltà e con decisione, intraprendeva la lotta di liberazione dimostrando di possedere belle doti come animatore e come organizzatore e ripetutamente distinguendosi, in combattimento, per prontezza di decisione e personale valore. Meritano particolare menzione le azioni condotte alla testa del suo distaccamento, a Sarezzano, contro una caserma tedesca, riportando una prima ferita e nei pressi di Tortona, liberando alcuni dei suoi uomini tratti prigionieri e venendo nuovamente ferito. Alla fine di Agosto 1944 difendeva strenuamente per tre giorni la stretta di Pertuso in Val Borbera trattenendo importanti forze avviate in rastrellamento nella zona. Gravemente ferito ad un ginocchio disponeva per un ordinato ripiegamento e per resistenze successive, dirigendo di persona le azioni dalla barella e rifiutando, più volte, di farsi sgombrare al sicuro. Coinvolto nella lotta ravvicinata, cadeva in mani nemiche e con fermo e nobile cuore rifiutava di fornire notizie rivendicando la sua fede. Vilmente trucidato sulla sua barella, chiudeva da prode la giovane vita generosamente prodigata per gli ideali di fedeltà e di Patria”.



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